sabato 7 novembre 2009

I frutti del mese: il diospyros e il melograno dolce, due bombe di energia e salute.

Il paesaggio di campagna dell'autunno inoltrato è molto triste, gli alberi sono senza foglie, le terre arate sono senza vegetazione e manca ancora il candore abbagliante della neve. L'unica nota di colore ci viene proprio dagli alberi di cachi e di melograni, che sembrano alberi di natale decorati con innumerevoli palle gialle o rosse.
Sebbene il caco e il melograno non appartengano alla stessa famiglia botanica, condividono una caratteristica in comune: l'astringenza. Tutti abbiamo fatto almeno una volta nella vita la spiacevole esperienza di mordere un caco non ancora maturo ("allappante") oppure di masticare inavvertitamente un pezzo di buccia di melograno: ci siamo ritrovati immediatamente la bocca e i denti "legati". Questo fenomeno è dovuto ai tannini, composti polifenolici che hanno la capacità di far precipitare le proteine salivari (le mucine). Durante la maturazione o l'ammezzimento dei cachi, invece, sono le proteine del frutto stesso a far precipitare i tannini, trasformandoli in quei piccoli punti neri che troviamo spesso nella polpa del frutto: allora il frutto non è più astringente.
Il caco (chiamato anche kaki o loto o diospiro) è originario di Cina, Korea e Giappone. E' una specie subtropicale, ma con adeguati portainnesti può essere coltivato anche in regioni fredde, come il Trentino ad esempio.
Gli unici criteri affidabili per stabilire se un kaki è pronto da mangiare sono l'odore, la consistenza della buccia e le sfumature del colore. Il criterio della morbidezza, invece, non è sempre affidabile.
Le varietà di cachi si suddividono in:
- varietà astringenti, che dopo aver raggiunto la maturità fisiologica devono aspettare ancora un po' affinché i tannini precipitino: Farmacista Honorati (chiamato anche kaki di Misilmeri), Costata, Rojo brillante, Muscat, Hachiya, Fennio, Lampadina, Kawabata, Sharon (chiamato anche Triumph)...
- varietà non astringenti, che si possono mangiare subito a maturità fisiologica: Fuyu, Jiro, Gosho, Suruga...
- varietà variabili, se hanno i semi la polpa è scura e non-astringente, se non hanno i semi la polpa è chiara e astringente:
Loto di Romagna (chiamato anche Kaki-tipo), Cioccolatino, Vaniglia (chiamato anche caco-mela), Mercatelli, Brazzale, Castellani, Mandarino...
A livello industriale, al fine di eliminare l'astringenza, vengono utilizzati diversi procedimenti: 1) immersione in acqua calda 2) aspersione con etanolo 3) atmosfera modificata con l'aggiunta di etilene 4) atmosfera controllata ad elevato tasso di anidride carbonica: è chiaro che i primi due procedimenti non sono accettabili nell'ottica di un'alimentazione naturale e istintiva, poiché modificano le proprietà nutrizionali e organolettiche del frutto.
A livello casalingo, invece, vi consiglio di far maturare i cachi immaturi a bassa temperatura (a 4°C): l'ammezzimento sarà più lento, ma la consistenza sarà migliore e si evita che il frutto marcisca. Per rendere la maturazione più omogenea, potete mettere i cachi vicino ad altri frutti che sprigionano etilene, ad esempio le mele. I cachi maturi, invece, dovrebbero essere conservati ad una temperatura più bassa, ad 1°C, facendo attenzione che non scenda sotto zero, ad esempio durante le gelate notturne.
Allo stesso genere botanico del caco comune, appartengono anche altre specie che producono frutti degni di attenzione:
- i cachi selvatici, più piccoli e più concentrati, sono di diverse varietà, tra cui quelli dell'albero di Sant'Andrea, utilizzato oltretutto come portainnesti per il caco comune.
- il sapote nero, originario del centroamerica, ma può essere coltivato con successo anche in Sicilia. Il frutto ha la stessa identica forma di un caco, ma la buccia è di colore verde e la polpa è di colore nero (vedi foto). Il sapore e la consistenza del sapote nero ricordano moltissimo la mousse al cioccolato. A differenza del caco, la sua maturazione deve avvenire al caldo (a 21°C) ed una volta maturo deve essere conservato a 13°C.
- il mabolo, originario delle Filippine, a differenza del sapote nero ha esigenze rigidamente tropicali. Il sapore del mabolo è molto particolare ed aromatico, ma l'importazione è resa molto difficile dal fatto che il frutto deve essere raccolto già maturo, e quindi è molto fragile.
Bisogna inoltre ricordare che alcune specie di Diospyros sono utilizzate per scopi non alimentari: alcune forniscono l'ebano nero, uno dei legni più pregiati, e purtroppo in via di estinzione a causa dello sfruttamento eccessivo; da altre varietà, invece, si estrae il tannino, utilizzato per la concia delle pelli.
Il melograno (chiamato anche melagrana) è originario del Caucaso, dell'Iran e dell'Afghanistan. Quando pensiamo al melograno, ci viene in mente l'albero che abbiamo in giardino, con bellissimi fiori rosso vermiglio, e frutti talmente acidi da non riuscire a mangiarne più di qualche chicco. Ebbene sappiate che quella è la varietà ornamentale, mentre la varietà alimentare non ha alcuna acidità ed è dolcissima, ma può essere coltivata sono in clima subtropicale. In Europa la varietà dolce viene coltivata soprattutto in Spagna nella regione di Granada (il cui nome deriva proprio da questo frutto) ed in particolar modo nel territorio di Elche. In Italia le coltivazioni di melograno dolce sono pochissime, quasi tutte in Sardegna e in Sicilia. Nel negozio sotto casa mia ho trovato melograni dolci importati dalla Tunisia.
Ci sono molte varietà di melograni dolci, diverse per forma, colore, aroma e periodo di raccolta (che può variare da agosto a dicembre): la varietà più comune in Spagna è la Mollar, mentre quella più comune in Italia è la Dente di cavallo.
I melograni si devono raccogliere a piena maturità (quando i chicchi all'interno hanno acquistato la dolcezza ottimale), ma in ogni caso prima che le piogge facciano spaccare i frutti, perché altrimenti andrebbero a male molto velocemente, proprio come succede anche per i fichi. Una volta raccolti, se la buccia è intatta si possono conservare per parecchi mesi (addirittura fino a marzo) a 10°C, in un luogo senza sbalzi di temperatura. Se invece i frutti riportano delle fenditure o sono ammaccati, bisogna mangiarli il prima possibile e conservarli a 5°C.
Come si mangia un melograno? Prendete un piatto pulito (per raccogliere i chicchi che immancabilmente cadranno), non tagliate il frutto interamente perché molto succo andrebbe sprecato, affondate invece il coltello solo mezzo centimetro all'interno della buccia, facendo due incisioni a croce lungo tutto la circonferenza del frutto, passando per il picciolo e per la punta, sezionando la buccia in quattro spicchi uguali, fate poi forza solo con le mani per dividere il melograno in due metà, poi prendete ogni metà e dividetela in due spicchi: in questo modo non sprecherete una sola goccia di succo (vedi foto).
Quando andate a comprare i melograni, sappiate che non c'è alcun modo di riconoscere dall'esterno un melograno di varietà acida da un melograno di varietà dolce: siete obbligati ad aprirlo, quindi non scoraggiatevi se farete qualche acquisto a vuoto.
That's all folks!

venerdì 6 novembre 2009

Nosologia alternativa (seconda parte): la visione di Hamer


La prima parte di questa rubrica è stata dedicata a Jean Seignalet, mentre oggi vi parlerò di un altro medico che ha fornito una classificazione delle malattie in base a criteri che non erano mai stati utilizzati prima, almeno non in maniera altrettanto organica: il dottor Ryke Geerd Hamer. La biografia di questo medico potete leggerla un po' dappertutto su Internet, ma ho qualche dubbio che riusciate a trovare una qualsiasi fonte che si possa veramente ritenere oggettiva, visto che il movimento originato da Hamer ha suscitato, e suscita ancora, reazioni estremiste e radicaliste sia da parte dei sostenitori che da parte degli oppositori.

Io non ho alcuna intenzione di discutere della validità della terapia di Hamer, né delle sue accuse nei confronti della medicina ufficiale e dei sionisti. Io mi occuperò solamente della sua nosologia, cioè del suo sistema di classificazione delle patologie umane.
Devo premettere che, sebbene abbia letto molto di Hamer e su Hamer, non ho letto tutto, anche perché lui è ancora vivo e in piena attività: non appena avrò un po' di tempo, infatti, cercherò di procurarmi i suoi ultimi scritti.
Secondo Hamer, le malattie umane si dovrebbero classificare in base al tipo di "conflitto biologico" al quale sono associate. A mio avviso, ciò che scatena violente reazioni contro Hamer non è tanto la sua intransigenza (infatti lui esclude categoricamente che altri fattori possano essere altrettanto determinanti nella genesi delle patologie), quanto la sua ambiguità: infatti sebbene si sia sinceramente sforzato di definire cosa siano i conflitti biologici ed in quale contesto vadano inquadrati, finora questi concetti restano ancora vaghi e soggetti ad interpretazione.
Dal canto mio, cercherò di non aggiungere un'ulteriore interpretazione, ma cercherò comunque di semplificare e disambiguare il suo vocabolario, che purtroppo non si può proprio definire scientifico.
"I conflitti biologici" sono essenzialmente delle opportunità, che la vita dà a se stessa al fine di evolvere. Detto così sembra qualcosa di mistico, e purtroppo lo è! A quanto pare il loro svolgimento dipende da "tutto" tranne che dalla nostra volontà: ci cadono sopra quando meno ce li aspettiamo e disarmano nel giro di poche frazioni di secondo tutti i nostri meccanismi di difesa e di reazione, proprio perché hanno il compito di sconvolgere la nostra vita nel modo più efficace possibile.
Un altro principio rivoluzionario di Hamer riguarda il modo in cui questi "conflitti biologici" si sviluppano in pratica: ognuno di essi infatti genera determinate modificazioni in modo "sincronico" in tre livelli distinti (ma a quanto pare strettamente correlati): nel corpo, nel cervello e nella psiche. L'aspetto rivoluzionario non sta tanto nella correlazione tra la sfera organica e quella psicologica, quanto nella "sincronicità": il modo in cui questi processi si svolgono lascia pensare che non sia frutto di una comunicazione tra la psiche, il cervello e il corpo (come ritiene la PNEI), ma che le modificazioni in tutte e tre le sfere avvengano "contemporaneamente".
A detta di Hamer, ogni conflitto biologico farebbe immediatamente scattare quello che lui chiama un "programma", il quale è costituito da diverse fasi e momenti: lo shock iniziale, la fase attiva, la risoluzione, la fase essudativa, la crisi epilettoide, la fase restitutiva e infine il ritorno alla normalità. Ognuno di questi momenti e fasi è caratterizzato da determinate manifestazioni a livello corporeo, cerebrale e psichico. Quindi, riepilogando, secondo Hamer ogni malattia dipende dal tipo di conflitto biologico e dalla fase/momento in cui si trova il "programma" scatenato dal conflitto biologico stesso, nonché da altri fattori come il sesso (maschio o femmina) e la lateralità (destrimane o mancino).
I conflitti biologici alla base dei "programmi" in questione, sono molto diversificati tra di loro, ma Hamer crede di aver fatto cosa buona e giusta classificandoli in quattro grandi categorie a seconda di quale parte del cervollo viene interessata (chiedo scusa per l'ironia, ma se leggerete gli scritti di Hamer capirete che spesso e volentieri le spiegazioni di Hamer sono un po' tirate per i capelli, e che più cerca di semplificare il suo pensiero più lo rende ingarbugliato, ma che volete ... nessuno è perfetto!): prendiamo in esame ognuno di questi quattro tipi di conflitti biologici e le malattie ad essi collegate, a detta di Hamer.
1) Conflitti che implicano la formazione di un edema nel tronco encefalico (composto dal bulbo o midollo allungato, dal ponte di Varolio e dal mesencefalo): le parole chiave associate a questi conflitti sono "sopravvivenza a rischio", "mancanza di un elemento essenziale (cibo, luce, suono, acqua, aria o qualsiasi altra cosa che sia percepita come essenziale)", "non riuscire a utilizzare un elemento essenziale", "priorità all'individuo", "esistenza in pericolo", "sentirsi un profugo, sentirsi solo al mondo". Le malattie associate a questi conflitti riguardano i tessuti derivati dall'endoderma: adenocarcinomi (renale, bronchiolo-alveolare, prostatico, esofageo, duodenale, epatico, del colon, della vescica...), adenomi (esofageo, tiroideo, polipi...), ritenzione idrica, seminoma, teratoma, noduli tiroidei e gozzo, cisti pancreatiche, tubercolosi, micosi, enfisema polmonare, morbo di Crohn, ileo paralitico...
2) Conflitti che implicano la formazione di un edema nel cervelletto: le parole chiave associate a questi conflitti sono "assicurare la protezione", "difendersi contro un attacco diretto alla nostra integrità fisica o morale". Le malattie associate a questi conflitti riguardano i tessuti derivati dal mesoderma antico: melanoma, tubercolosi, lebbra, adenocarcinoma mammario (noduli/cisti al seno), mesotelioma, ascite, asocialità...
3) Conflitti che implicano la formazione di un edema nella sostanza bianca del cervello: le parole chiave associate a questi conflitti sono "rafforzamento dell'individuo o del gruppo", "avere bisogno di crescere", "non riuscire a fare qualcosa", "subire una svalutazione", "sentirsi inadeguati", "non essere all'altezza". Le malattie associate a questi conflitti riguardano i tessuti derivati dal mesoderma recente: foruncolosi, ascessi, infezioni batteriche e virali, cellulite, artrite, tendinite, sarcomi, poliomielite, distrofia muscolare, osteoporosi, anemia, osteomielite, leucemia, gotta, parodontite, morbo di Addison, vene varicose, cisti (ovariche, renali...), endometriosi, idrocele, megalomania...
4) Conflitti che implicano la formazione di un edema nella sostanza grigia del cervello (cioè nella corteccia cerebrale e nel diencefalo): le parole chiave associate a questi conflitti sono "integrarsi nella vita di gruppo", "relazione con gli altri", "lottare per il territorio, per la famiglia o per il nido", "soffrire una separazione, la mancanza di contatto", "sentimento di frustrazione emotiva o di castrazione sessuale", "conflitto di identità", "agire o immobilizzarsi", "insensibilità o ipersensibilità", "sofferenza o felicità". Le malattie associate a questi conflitti riguardano i tessuti derivati dall'ectoderma: carie, infezioni virali, cataratta, cheratite, congiuntivite, psoriasi, dermatite, eczema, neurodermite, cheratinosi, orticaria, vitiligine, alopecia, forfora, carcinoide bronchiale, microcitoma polmonare, asma, tosse, carcinoma intraduttale al seno (tumore mammario), fibromialgia, dolori reumatici, epilessia, parestesie, paresi, nevralgie, cefalee, emicrania, insonnia, cardiopatia, coronaropatia, dolori addominali, ulcera peptica, diabete I e II, carcinoma tiroideo, linfoma a grandi cellule, cisti eutiroidee, fobia, depressione, mitomania, ninfomania, aggressività, anoressia, autismo, paranoia, bulimia...

Il sistema hameriano si presta ad alcune facili critiche, elencate qui di seguito:
1) la suddivisione embriogenetica di Hamer non corrisponde alla suddivisione embriogenetica normalmente accettata dalla scienza. Ad esempio:
- la ghiandola mammaria non deriva dal mesoderma ma dall'ectoderma
- gli organi derivati interamente dal mesoderma intermedio (utero, porzione craniale della vagina, tube di Falloppio, ureteri, reni, gonadi) sono classificati da Hamer in modo variabile (sia endodermico, sia mesodermico, sia ectodermico)
- Hamer non prende assolutamente in considerazione le creste neurali, derivate dall'ectoderma: il mesenchima della testa, ad esempio, deriva dalle creste neurali e quindi dall'ectoderma, mentre invece per Hamer tutto il sistema muscolo-scheletrico deriverebbe dal mesoderma.
2) la verificabilità della diagnosi hameriana, tanto ostentata dallo stesso Hamer contro i suoi detrattori, si basa sull'esame dei referti delle TAC (senza mezzo di contrasto); su queste TAC Hamer sarebbe in grado di individuare sistematicamente alcune speciali conformazioni (denominate "a bersaglio") che confermerebbero le sue tesi: è un vero peccato che i radiologi che hanno il coraggio di dargli ragione si contino sulla punta delle dita di una mano...
3) le tesi di Hamer possono essere considerate troppo semplicistiche, ma bisogna ricordare che anche le tesi della frenologia del dottor Franz Joseph Gall lo erano, e nonostante questo, Gall è ritenuto il padre della neuropsicologia moderna. A mio avviso, sia in Gall che in Hamer il principio di base è esatto, ma è interpretato in modo estremo e non scientifico.
4) Hamer dichiara che i microorganismi verrebbero utilizzati dall'organismo al fine di portare a termine i "programmi" scatenati dai conflitti biologici. Questo potrebbe anche essere accettabile, ma la ripartizione tra i tipi di microorganismi e i tessuti che li utilizzerebbero è completamente inesatta. Hamer dice ad esempio che i micobatteri verrebbero utilizzati solo dall'endoderma e dal mesoderma antico, mentre è risaputo che la tubercolosi attacca anche le ossa, le articolazioni e il sistema linfatico. Hamer dice anche che i virus sarebbero utilizzati solamente dai tessuti dell'ectoderma e del mesoderma recente, mentre sappiamo che anche l'intestino può essere attaccato dal Rotavirus, dal Reovirus e dall'Adenovirus, e il derma può essere attaccato dal virus HHV8 (che causa il sarcoma di Kaposi).
Nonostante tutto, a mio avviso, la nosologia hameriana resta una scoperta molto importante per la comprensione delle malattie, se non altro per spiegare quelle che la medicina ufficiale liquida col nome di "distonie vegetative", quando non ha il coraggio di ammettere che alcune volte il nostro corpo "va fuori di testa" e non si comporta più come ci si aspetta da lui.