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mercoledì 7 ottobre 2009

Dietologia o istinto? (seconda parte)



Chiunque si arrischi ad uscire dal sentiero battuto dell'alimentazione tradizionale si confronta prima o poi con un quesito fondamentale: "Cosa dovrei mangiare per stare in forma e in salute?" Ed è indubbio che questo quesito merita di essere preso in seria considerazione. Indipendentemente dalla risposta che intellettualmente verrebbe da dare, l'unica vera legittima risposta può essere fornita solamente dal patrimonio genetico di ogni singola persona e dal suo stato biochimico.
Dietro la profusione di dietologie più o meno crudiste che si trovano al giorno d'oggi, c'è sempre un personaggio autorevole con una teoria più o meno scientifica che determina quali cibi si devono mangiare, quando si devono mangiare e in quale modo si devono preparare.
Nessuna dieta purtroppo si basa sull'utilizzo del senso dell'olfatto per scegliere quei cibi grezzi (non lavorati) che più si adattano ai bisogni di ciascuno. Eppure, chi meglio del nostro stesso corpo potrebbe sapere cosa deve mangiare?
Gli insegnamenti delle varie filosofie alimentari hanno tutti escluso un concetto eppure fondamentale ed elementare, cioè quello di un istinto alimentare umano pienamente funzionante. Ogni dietologia esistente, sia essa cotta che cruda, si basa sul concetto di "teoria, diagnosi, prescrizione". Esse non fanno affidamento sulla saggezza genetica del corpo, ma piuttosto sfruttano la capacità analitica della mente di selezionare il cibo. Adottando questo approccio, se le teorie sono incomplete (e a causa della complessità dei fenomeni coinvolti nel corpo esse lo sono sempre) le prescrizioni saranno sbagliate e le conseguenze sul lungo periodo potrebbero essere nefaste. Alla stregua degli animali che vivono un'esistenza naturale, che scelgono istintivamente il proprio cibo, anche noi dovremmo avere la capacità di selezionare istintivamente i cibi che ci garantiscono un equilibrio nutrizionale ottimale. I problemi nascono quando l'uomo sviluppa abitudini alimentari che non includono il comportamento istintuale e l'approvvigionamento di cibi "originari". E sono proprio questi i problemi che la maggior parte delle dietologie cerca disperatamente di correggere. Per compensare l'assenza dell'intelligenza genetica accumulatasi in centinaia di milioni di anni, le dietologie ricercano credibilità altrove. E le fonti principali sono le teorie intellettuali sviluppate da individui che pretendono di essere autorevoli in questo campo. Sebbene il fenomeno della presunta autorevolezza sia un luogo comune nella nostra società, questo non penso debba giustificare il fatto che dobbiamo accettare delle "regole" per quanto riguarda il funzionamento biologico del nostro stesso organismo.
Diamo un'occhiata ad alcune di queste "regole" diffuse nel mondo del crudismo. Ad esempio, "teorie" come quella del Fabbisogno Calorico Giornaliero Ideale, oppure dei Cibi Acidi/Alcalini, oppure quella dello Standard Dietetico Paleolitico, si sono tradotte in una serie di "prescrizioni" che vanno dal "Mangiate tutte le banane che potete (ed anche un po' di più)", al "Ripulite il vostro corpo dalle tossine con tre succhi di verdura al giorno", fino al "Curatevi dal cancro con un pasto quotidiano di carne cruda". Questi sono esempi del metodo "teoria, diagnosi, prescrizione" così prevalente nella medicina e nella dietologia. Essi sono l'eredità del mondo del cibo cotto, un mondo in cui l'istinto alimentare non funziona. Al contrario, mangiare in accordo col proprio senso dell'olfatto e del gusto permette al proprio corpo di diagnosticare il proprio stato biochimico, e la prescrizione appropriata viene determinata dal proprio livello di piacere nel mangiare; una soluzione perfetta non imposta dall'esterno, ma che emerge dall'interno, e il bello è che non è necessaria alcuna teoria. Nessuno può dirmi cosa è meglio che io mangi oggi a pranzo, semplicemente perché nessuno lo sa. Anche se io decidessi per me stesso, senza aver testato col mio olfatto un assortimento di cibi rigorosamente grezzi e non lavorati, significherebbe prendere una decisione intellettuale basata su ciò che io penso sia probabilmente necessario per il mio corpo e questa conoscenza è per natura sempre incompleta, semplicemente perché la nostra neo-corteccia non è progettata per occuparsi dei fabbisogni alimentari del nostro corpo. Allora cosa di dovrebbe fare come prima cosa? Chiedere semplicemente al proprio corpo che prenda le decisioni alimentari per se stesso, invece di chiedere al proprio cervello o, ancora peggio, al cervello di qualcun altro.

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Include anche la traduzione del libro "Manger Vrai" di Guy-Claude Burger

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