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sabato 10 ottobre 2009

Disastro ecologico e arte culinaria: ci avete mai pensato?




Quale ruolo svolgono nel disastro ecologico le nostre abitudini alimentari, direttamente o indirettamente? La nostra arte culinaria è composta di mille artifici: qual'è la conseguenza di ognuno di essi?
Che cosa sarebbe un'alimentazione veramente ecologica?
Un'alimentazione fondata su una produzione agricola più rispettosa dell'humus e delle nappe freatiche? Sì, ma non solo. Sarebbe anche e soprattutto un'alimentazione che rispetti le leggi fondamentali di un autentico equilibrio biologico tra l'uomo e la natura, in particolar modo le leggi naturali che reggono gli scambi molecolari propri di tutti i fenomeni vitali. Nonché un'alimentazione che preservi l'armonia naturale del nostro funzionamento fisiologico e psichico, e le loro rispettive interazioni con l'ambiente.
Ma siamo capaci di definire qual'è l'alimentazione naturale dell'essere umano?
Dato che natura ed ecologia per principio dovrebbero andare a braccetto, ci si potrebbe aspettare che un'alimentazione conforme alle leggi naturali contribuisca di per sé a proteggere l'equilibrio ecologico. Ciò che produce la salute di una specie dovrebbe produrre anche la salute del suo biotopo, e viceversa: è una sorta di logica vitale, conforme al principio di armonia derivante dalle leggi dell'evoluzione. La coltivazione biologica, ad esempio, è benefica contemporaneamente per la salute del consumatore e per quella della biosfera.
Ma diffidiamo dalle conclusioni affrettate: come ad esempio dire che basti eliminare il consumo di carne perché l'equilibrio ecologico venga ristabilito. I rapporti tra le pratiche alimentari e l'evoluzione dell'ambiente sono di una complessità mostruosa. A quanto pare, ne conosciamo solo una piccolissima parte, e non sarà quindi a colpi di grandi certezze che garantiremo il futuro del genere umano e del suo biotopo. Sarà invece interrogandoci continuamente, andando a vedere nel dettaglio quali effetti può avere ciascuno sgarro che facciamo alle leggi della natura, in tutti i nostri campi di attività, compreso il campo alimentare.
I prelievi sistematici effettuati nell'ambiente da una specie così golosa come la specie umana, la sua fame divoratrice di energia e di materiali di tutti i tipi, i rifiuti che scarica nella natura e che vi si accumulano, le molecole deleterie sfornate dall'industria chimica, le improvvisazioni dei nuovi apprendisti stregoni manipolatori genetici, nonché una montagna di scarti industriali che finiscono nelle discariche o nel compostaggio, tutto ciò si somma e si combina fino a disorganizzare lentamente l'equilibrio vitale del pianeta.
Chi può escludere che questo bandolo ingarbugliato di interazioni non dipenda, direttamente o i indirettamente, da alcuni errori alimentari propri dell'uomo "civile"? Scommetto che alcuni di voi potrebbero trovare questa ipotesi un po' azzardosa.
Una legge dell'evoluzione può servirci comunque da riferimento: le diverse specie animali esistono da moltissimo tempo. Per definizione, esse si nutrono nel rispetto delle leggi naturali. I loro bisogni, i loro modi di prelevare gli alimenti a loro necessari, si sono elaborati nel corso di milioni di anni in modo da garantire all'individuo una saluta ed una vitalità ottimali: condizione necessaria per la sopravvivenza e per la riproduzione nel mondo selvaggio, pieno di concorrenza spietata. Ed anche in modo da garantire la perennità del biotopo nel quale la specie evolve: se non fosse stato così, questo biotopo si sarebbe degradato, comportando la scomparsa o l'adattamento della specie devastatrice. In questo modo si sono necessariamente sviluppate delle leggi naturali che congiungono l'equilibrio ecologico con le specificità nutrizionali delle specie viventi: un'alimentazione che preserva l'ambiente deve preservare la salute e, reciprocamente, un'alimentazione che preserva la salute deve preservare l'ambiente.
Anche per quanto riguarda l'essere umano, nessuno ci vieta di immaginare che un'alimentazione rispettosa delle leggi naturali non solo garantisca una salute ottimale, il che rimpicciolirebbe considerevolmente anche l'industria farmaceutica, ma conduca anche a sbarazzarsi dei falsi bisogni e dei comportamenti distruttori che minacciano l'ambiente.
Naturalmente questo non costituisce una dimostrazione e neanche un postulato, ma è solo un'ipotesi euristica, cioè un'ipotesi di lavoro che ci può incoraggiare a porci delle domande, a passare in rivista sia le abitudini alimentari che le tecniche agricole ereditate dai nostri antenati. Sono questioni piuttosto sgradevoli poiché rimettono in discussione le nostre tradizioni ancestrali ed un equilibrio economico già fragile.
Eppure queste tradizioni millenarie possono nascondere errori di cui non ci siamo ancora resi conto, le cui conseguenze sono e potrebbero ancora diventare più pesanti di quanto immaginiamo. E forse questi stessi equilibri economici sono fragili proprio perché poggiano sull'ignoranza delle leggi naturali.
Quindi, vi chiedo, cos'è un'alimentazione veramente naturale? E quali sarebbero le sue conseguenze sull'ecologia?

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